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sábado, 10 de outubro de 2020

Dr Fauci: um gigante da maior pandemia do século XXI (até aqui), enfrentando um governo negacionista - La Repubblica

 Entrevista com o virologista estadunidense:" Uma vacina eficaz já poderia estar disponível em novembro ou dezembro, mas será distribuída apenas em 2021".

A entrevista com Anthony Fauci é de Anna Lombardi, publicada por La Repubblica, 08-10-2020. A tradução é de Luisa Rabolini.

"O presidente está certamente melhor: mas deve ter cuidado, não está fora de perigo. Infelizmente, sabemos bem que as recaídas são frequentes entre os doentes de coronavírus. Não participei no seu tratamento e por isso estou apenas me baseando no que vi como todo mundo na TV. A maneira como ele fala, caminha e, sim, até a maneira como respira, me pareceu de uma pessoa que está razoavelmente bem".

Ao telefone de seu consultório em Washington, o médico mais famoso dos EUA, o virologista Anthony Fauci, 79, chefe do Instituto Nacional para a Prevenção de Doenças Infecciosas, não se pronuncia sobre a intenção de Donald Trump de participar a todo custo pessoalmente do segundo debate presidencial agendado para 15 de outubro em Miami, que agora o comitê organizador gostaria de realizar virtualmente. “Se eu tivesse que lhe dar um conselho, diria para ele descansar. E seguir as orientações dos médicos”.

Eis a entrevista.

O presidente Trump parece ter se recuperado muito rapidamente. Ele foi afetado por uma forma leve de Covid 19?

Com base no pouco que sei, diria que não. Suas condições são muito sérias. No entanto, foi tratado bem e rapidamente. Ele tem razão quando diz que os remédios o ajudaram. Mas o problema com esse vírus é que ainda não sabemos o suficiente sobre ele. Especialmente quando se trata de efeitos de longo prazo. Nesse ínterim, eu seria cauteloso por pelo menos mais 5-8 dias. Além disso, alguns sintomas persistem mesmo quando você não está mais infectado e ainda não sabemos como eles interferem nas funções normais.

Os medicamentos usados no seu tratamento são acessíveis a todos?

Os dois principais, certamente: a dexametasona, um derivado da cortisona. E o antiviral Remdesivir. O anticorpo monoclonal Regeneron, por outro lado, foi especificamente solicitado à empresa que o produz, para uso "compassivo". E eu suspeito que isso o ajudou muito. É um medicamento sobre o qual somos cautelosamente otimistas: os testes clínicos ainda não foram concluídos. Mas, in vitro, vimos sua poderosa capacidade de suprimir o vírus. Acho que ele desempenhou um papel determinante para que o presidente se sentisse melhor imediatamente.

Na quarta-feira à noite, durante o debate dos números dois entre o vice-presidente Mike Pence e a senadora democrata Kamala Harris, seu nome foi mencionado várias vezes...

Quando no meio de uma pandemia você tem um papel como o meu, é normal. Isso não me surpreendeu. Mas o meu papel é totalmente bipartidário, trabalho com todos no interesse do país.

Mesmo assim, Kamala Harris deixou claro que a única vacina que ela se sentiria pronta a indicar seria uma vacina aprovada pelo senhor. Não uma eventual "vacina eleitoral" revelada por Trump antes da votação, portanto.

Vou aprovar e recomendar apenas uma vacina segura, aprovada de acordo com os padrões da Food and Drug Administration, a agência governamental que regulamenta os produtos farmacêuticos. Não estamos distantes, uma vacina eficaz já poderia estar disponível em novembro ou dezembro. Mas só será distribuída em 2021. Espero visitar a Itália no próximo Natal. Mas ninguém pode garantir isso.

Será o suficiente para todos?

Penso que sim, também porque não poderemos nos considerar imunes enquanto houver focos no mundo. Há planos de produzir milhões de doses para que não só a parte mais rica do mundo se beneficie dela. Organizações como a Gavi Alliance, a Fundação Bill e Melinda Gates e a própria Organização Mundial da Saúde estão trabalhando em programas que vão nessa direção.

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sábado, 14 de dezembro de 2013

Il Principe, la Principessa (Macchiavelli) - libro di Adriano Sofri

IL PRINCIPE e LA PRINCIPESSA

ADRIANO PROSPERI

La Repubblica , 13/12/2013

In questo centenario machiavelliano ci sono molti incontri d' occasione con l' autore del Principe: quello di Adriano Sofri è un incontro necessitato. Il suo caso è diverso da quelli degli studiosi e delle istituzioni che accordano alle scadenze secolare i loro piani. Quasi di furia, nei luoghi e nei mesi d' estate che Machiavelli dedicò alla febbrile stesura del Principe, a poca distanza da lui Adriano Sofri ha scritto questo libro ( Machiavelli, Tupac e la Principessa, Sellerio). Uno dei suoi, inconfondibile, con un ordine sostanziale nell' apparente disordine di un pensiero liberamente divagante: un confronto, un bilancio, quasi un dialogo, ma non pacifico né distaccato, una risposta a quella lettera di Niccolò a Francesco Vettori del 10 dicembre 1513, qui riportata in appendice insieme a una bibliografia aggiornata, esauriente (vi manca solo l' edizione del Principe a cura di Gennaro Sasso che la Treccani ha accuratamente pubblicato per dimenticarsela poi nei suoi magazzini). Quella lettera è il campione più celebre delle tante altre lettere machiavelliane di negozie di relazioni di un uomo che amava stare tra i pericoli e la fatica e al pensiero di starsene a palazzo rispondeva (nel 1509): «Io non sarei quivi buono a nulla e morrèvi disperato». Anche Adriano Sofri ha scelto di stare tra i pericoli e la fatica lasciandosi alle spalle giovanissimo l' allora tranquillo e garantito sentiero degli studi: che erano cominciati non a caso proprio da Machiavelli, il tema della sua prima prova quando diciottenne entrò alla Scuola Normale come apprendista storico. Quel che poi gli accadde è noto: e così, "post res perditas", il dialogo mai interrotto con Machiavelli ha preso forma di libro in un' estate trascorsa nella sua casa a due passi dall' Albergaccio. Ci si accostaa questo libro comea ogni altro di Adriano Sofri: con grande curiosità, sapendo che sarà un' occasione da non perdere, ricca delle tante cose che lui conosce per lunga esperienza di vicende e di persone, ma anche per una sua curiosità di lettore onnivoro e una raffinata cultura libresca - quasi come diceva di sé Machiavelli nella dedica del Principe: «lunga esperienza delle cose moderne e una continua lezione delle antiche». Questo dialogo con Machiavelli pone fin dall' inizio la condizione fondamentale: intendere con precisione quello che ha detto. Per esempio, il significato che aveva per lui la parola Fortuna. Era uomo di piccola fortuna, nota Adriano Sofri: nacque povero e imparò più presto a stentare che a godere. Entrò al servizio dello stato fiorentinoa 29 anni, dalla porta di servizio, vi esercitò compiti minori, ne fu estromesso brutalmente al primo cambio di regime. La Fortuna la immaginava come una donna, - nuda, bellissima, inafferrabile come quella raffigurata qui in copertina. L' appello celebre del capitolo XXV incita a un corpo a corpo con la Fortuna. Uno stupro, dice Sofri: che intanto puntualizza qualcosa su cui in genere si sorvola, abbagliati dall' invito petrarchesco alla lotta tra virtù e furore. Alla fortuna Machiavelli assegnava il controllo sulla maggioranza delle azioni nostre, lasciando all' arbitrio una parte minore ma quasi uguale - così almeno nella pagina più tonificante del Principe. Ma quando Machiavelli ragiona della realtà effettuale sua e di altri le azioni del libero arbitrio crollano. La Fortuna, ci ricorda, ha in mano una carta decisiva in mano: la morte. Contro la Fortuna il duca Valentino aveva preparato argini robusti: ma quando muore Alessandro VI, di peste, ecco che il figlio si ammala anche lui nel momento decisivo dell' elezione del nuovo papa e tutto è perduto. Anche per Machiavelli venne la perdita di tutto e a stento salvò la vita. E la prova fu dura, tanto da richiedergli di dare a se stesso prima che ad altri la misura di sé, del suo valore nell' arte dello stato. Ecco perché nacque quell' opuscolo, secondo Sofri. Ci sono eredi di quella Fortuna nella letteratura italiana, dominata dalla Provvidenza manzoniana? Sì, una, risponde Sofri: la Natura di Leopardi, la gigantessa impassibile che dà la morte all' islandese delle Operette morali. Ma intanto c' era stata anche una donna in carne e ossa, una donna di potere che alla fortuna teneva testa e aveva la stoffa per diventare una possibile incarnazione del Principe: era Caterina Sforza, la signora di Forlì che ai nemici che la ricattavano con la vita dei suoi figli mostrò dall' alto della rocca quali fossero gli attributi con cui poteva farsene altri di figli. Machiavelli l' aveva incontrata, ma non concepiva una principessa come liberatrice d' Italia. Lasciamo ai lettori di scoprire chi fosse Tupac e perché entra in questa storia. Ma dobbiamo almeno segnalare la parte in cui entra la politica, quella reale di allora e quella di oggi: qui è come se Machiavelli leggesse noi prestandoci le sue parole e imponendoci di paragonare il suo orizzonte col nostro: ci si chiede per esempio cosa significhi oggi il ritorno ai princìpi, per l' Italia con la sua Costituzione e per il Vaticano col suo papa Francesco,o se sia vero che la macchina umana è sempre la stessa e cosa è accaduto quando si è cercato di modellare l' uomo - per esempio col tentativo su larga scala di Pol Pot. Questa parte è un andirivieni tra l' allora e l' oggi, un bilancio che fa emergere la disperazione di una politica che non ha più campo, può solo nascondere dietro alti paraventi l' orizzonte vero, la realtà di una globalizzazione che ci espropria dei poteri territoriali e tradizionali: una politica che non è e non può essere ridotta a scienza e nemmeno ad arte perché di mezzo c' è sempre la scelta di chi governa (la famiglia o lo stato) e resta sempre l' imprevedibile possibilità che la bomba venga fatta esplodere. Contraddizioni terribili, che davanti all' anonimato delle potenze globali delle finanze fanno rinascere l' appello alla sovranità nazionale anche da parte di chi ieri esaltava l' internazionalismo proletario. Si pensi allo scenario delle guerre e dei genocidi, oggi visibili da tutti dallo schermo di casa propria, per cui nessuno può dire che non sapeva e non immaginava, come accadde con Auschwitz. E intanto, la natura, quella leopardiana così simile alla fortuna, è stata dominata, stuprata: ma questa vittoria minaccia di essere l' ultima sconfitta e la fine dell' umanità. Una fra le tante domande inquiete e inquietanti di un libro vivo, vivissimo.
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