Temas de relações internacionais, de política externa e de diplomacia brasileira, com ênfase em políticas econômicas, em viagens, livros e cultura em geral. Um quilombo de resistência intelectual em defesa da racionalidade, da inteligência e das liberdades democráticas.
O que é este blog?
Este blog trata basicamente de ideias, se possível inteligentes, para pessoas inteligentes. Ele também se ocupa de ideias aplicadas à política, em especial à política econômica. Ele constitui uma tentativa de manter um pensamento crítico e independente sobre livros, sobre questões culturais em geral, focando numa discussão bem informada sobre temas de relações internacionais e de política externa do Brasil. Para meus livros e ensaios ver o website: www.pralmeida.org. Para a maior parte de meus textos, ver minha página na plataforma Academia.edu, link: https://itamaraty.academia.edu/PauloRobertodeAlmeida.
sábado, 14 de dezembro de 2013
Previsões imprevidentes para 2014 - Paulo Roberto de Almeida
PRAlmeida na revista Sociologia e Politica - uma excelente revista academica
Recomendo uma visita.
Paulo Roberto de Almeida
Print ISSN 0104-4478
Argentina restringe importacao de veiculos; medida afeta gravemente oBrasil
Aliás, como lembra o "randiano" John Galt em seu comentário, quem começou a brincadeira foi o Brasil, no seu acordo automotivo com o México: enquanto produzia saldos favoráveis ao Brasil, era ótimo. Bastou começar a fazer déficits (por culpa exclusiva do Brasil), foi denunciado como desfavorável pelos protecionistas da área e pelo MDIC e unilateralmente modificado para ser "equilibrado"; a Argentina faz a mesma coisa com o Brasil.
A medida seria uma maneira de estancar a sangria de reservas internacionais da Argentina, que caíram 21% apenas neste ano. O Ministério do Desenvolvimento afirma que não foi informado oficialmente da medida e não vai comentar. Dentro do governo brasileiro, que foi surpreendido pela medida, espera-se que seja possível negociar com os argentinos. A iniciativa da ministra é vista pelo governo brasileiro como uma medida de política industrial equivocada, uma tentativa de fazer indústrias de autopeças se instalar na Argentina –com poucas chances de funcionar. E também um sintoma da enorme preocupação com a queda no nível de reservas.
Analistas acreditam que a restrição deve atingir mais os veículos de maior valor, importados principalmente da União Europeia e do Japão, e menos os carros pequenos e médios que vêm do Brasil. Mas, como 67% dos veículos importados pela Argentina vêm do Brasil (em valor), uma redução será inevitável, afirmam especialistas. ”Toda intervenção estatal desse tipo é muito prejudicial, e o setor automotivo é uma das poucas cadeias de produção estabelecidas na região”, diz Welber Barral, sócio da consultoria Barral M Jorge.
Il Principe, la Principessa (Macchiavelli) - libro di Adriano Sofri
IL PRINCIPE e LA PRINCIPESSA
ADRIANO PROSPERI
La Repubblica , 13/12/2013
In questo centenario machiavelliano ci sono molti incontri d' occasione con l' autore del Principe: quello di Adriano Sofri è un incontro necessitato. Il suo caso è diverso da quelli degli studiosi e delle istituzioni che accordano alle scadenze secolare i loro piani. Quasi di furia, nei luoghi e nei mesi d' estate che Machiavelli dedicò alla febbrile stesura del Principe, a poca distanza da lui Adriano Sofri ha scritto questo libro ( Machiavelli, Tupac e la Principessa, Sellerio). Uno dei suoi, inconfondibile, con un ordine sostanziale nell' apparente disordine di un pensiero liberamente divagante: un confronto, un bilancio, quasi un dialogo, ma non pacifico né distaccato, una risposta a quella lettera di Niccolò a Francesco Vettori del 10 dicembre 1513, qui riportata in appendice insieme a una bibliografia aggiornata, esauriente (vi manca solo l' edizione del Principe a cura di Gennaro Sasso che la Treccani ha accuratamente pubblicato per dimenticarsela poi nei suoi magazzini). Quella lettera è il campione più celebre delle tante altre lettere machiavelliane di negozie di relazioni di un uomo che amava stare tra i pericoli e la fatica e al pensiero di starsene a palazzo rispondeva (nel 1509): «Io non sarei quivi buono a nulla e morrèvi disperato». Anche Adriano Sofri ha scelto di stare tra i pericoli e la fatica lasciandosi alle spalle giovanissimo l' allora tranquillo e garantito sentiero degli studi: che erano cominciati non a caso proprio da Machiavelli, il tema della sua prima prova quando diciottenne entrò alla Scuola Normale come apprendista storico. Quel che poi gli accadde è noto: e così, "post res perditas", il dialogo mai interrotto con Machiavelli ha preso forma di libro in un' estate trascorsa nella sua casa a due passi dall' Albergaccio. Ci si accostaa questo libro comea ogni altro di Adriano Sofri: con grande curiosità, sapendo che sarà un' occasione da non perdere, ricca delle tante cose che lui conosce per lunga esperienza di vicende e di persone, ma anche per una sua curiosità di lettore onnivoro e una raffinata cultura libresca - quasi come diceva di sé Machiavelli nella dedica del Principe: «lunga esperienza delle cose moderne e una continua lezione delle antiche». Questo dialogo con Machiavelli pone fin dall' inizio la condizione fondamentale: intendere con precisione quello che ha detto. Per esempio, il significato che aveva per lui la parola Fortuna. Era uomo di piccola fortuna, nota Adriano Sofri: nacque povero e imparò più presto a stentare che a godere. Entrò al servizio dello stato fiorentinoa 29 anni, dalla porta di servizio, vi esercitò compiti minori, ne fu estromesso brutalmente al primo cambio di regime. La Fortuna la immaginava come una donna, - nuda, bellissima, inafferrabile come quella raffigurata qui in copertina. L' appello celebre del capitolo XXV incita a un corpo a corpo con la Fortuna. Uno stupro, dice Sofri: che intanto puntualizza qualcosa su cui in genere si sorvola, abbagliati dall' invito petrarchesco alla lotta tra virtù e furore. Alla fortuna Machiavelli assegnava il controllo sulla maggioranza delle azioni nostre, lasciando all' arbitrio una parte minore ma quasi uguale - così almeno nella pagina più tonificante del Principe. Ma quando Machiavelli ragiona della realtà effettuale sua e di altri le azioni del libero arbitrio crollano. La Fortuna, ci ricorda, ha in mano una carta decisiva in mano: la morte. Contro la Fortuna il duca Valentino aveva preparato argini robusti: ma quando muore Alessandro VI, di peste, ecco che il figlio si ammala anche lui nel momento decisivo dell' elezione del nuovo papa e tutto è perduto. Anche per Machiavelli venne la perdita di tutto e a stento salvò la vita. E la prova fu dura, tanto da richiedergli di dare a se stesso prima che ad altri la misura di sé, del suo valore nell' arte dello stato. Ecco perché nacque quell' opuscolo, secondo Sofri. Ci sono eredi di quella Fortuna nella letteratura italiana, dominata dalla Provvidenza manzoniana? Sì, una, risponde Sofri: la Natura di Leopardi, la gigantessa impassibile che dà la morte all' islandese delle Operette morali. Ma intanto c' era stata anche una donna in carne e ossa, una donna di potere che alla fortuna teneva testa e aveva la stoffa per diventare una possibile incarnazione del Principe: era Caterina Sforza, la signora di Forlì che ai nemici che la ricattavano con la vita dei suoi figli mostrò dall' alto della rocca quali fossero gli attributi con cui poteva farsene altri di figli. Machiavelli l' aveva incontrata, ma non concepiva una principessa come liberatrice d' Italia. Lasciamo ai lettori di scoprire chi fosse Tupac e perché entra in questa storia. Ma dobbiamo almeno segnalare la parte in cui entra la politica, quella reale di allora e quella di oggi: qui è come se Machiavelli leggesse noi prestandoci le sue parole e imponendoci di paragonare il suo orizzonte col nostro: ci si chiede per esempio cosa significhi oggi il ritorno ai princìpi, per l' Italia con la sua Costituzione e per il Vaticano col suo papa Francesco,o se sia vero che la macchina umana è sempre la stessa e cosa è accaduto quando si è cercato di modellare l' uomo - per esempio col tentativo su larga scala di Pol Pot. Questa parte è un andirivieni tra l' allora e l' oggi, un bilancio che fa emergere la disperazione di una politica che non ha più campo, può solo nascondere dietro alti paraventi l' orizzonte vero, la realtà di una globalizzazione che ci espropria dei poteri territoriali e tradizionali: una politica che non è e non può essere ridotta a scienza e nemmeno ad arte perché di mezzo c' è sempre la scelta di chi governa (la famiglia o lo stato) e resta sempre l' imprevedibile possibilità che la bomba venga fatta esplodere. Contraddizioni terribili, che davanti all' anonimato delle potenze globali delle finanze fanno rinascere l' appello alla sovranità nazionale anche da parte di chi ieri esaltava l' internazionalismo proletario. Si pensi allo scenario delle guerre e dei genocidi, oggi visibili da tutti dallo schermo di casa propria, per cui nessuno può dire che non sapeva e non immaginava, come accadde con Auschwitz. E intanto, la natura, quella leopardiana così simile alla fortuna, è stata dominata, stuprata: ma questa vittoria minaccia di essere l' ultima sconfitta e la fine dell' umanità. Una fra le tante domande inquiete e inquietanti di un libro vivo, vivissimo.© RIPRODUZIONE RISERVATA
Brasil-Franca: grandes negocios, grandes entendimentos - Le Monde
Hollande et Rousseff multiplient les signes de bonne entente au Brésil
L'entreprise de séduction aura été de courte durée. Moins de trente heures après son arrivée à Brasilia, le président François Hollande est reparti vendredi 13 décembre, en fin de matinée, de São Paulo pour la Guyane française où il doit rester jusqu'à samedi soir. Une visite brève, mais soutenue, marquée par d'importants retards et quelques malaises (un soldat de la garde brésilienne et deux journalistes), et presque autant de blagues et d'allusions potaches à la Coupe du monde, distillées entre une poignée de signatures de contrats et d'accords d'investissements.
Sept ministres et une cinquantaine de chefs d'entreprises ont pris part à ce voyage présidentiel au Brésil. « Une des visites d'Etat les plus importantes pour mon gouvernement », a tenu à souligner, au terme de ce déplacement, Dilma Rousseff, présente aux côtés de son homologue français dans la capitale brésilienne et dans la mégapole économique du pays.En forme et visiblement détendu malgré une semaine internationale chargée et une quarantaine d'heures de vol accumulées en quatre jours, M. Hollande est venu rappeler qu'il entendait impulser une nouvelle dynamique au partenariat stratégique mis en place par les deux pays en 2006. « Je veux lui redonner toute sa force », a-t-il dit, soulignant que cette forme de coopération avait permis notamment de boucler d'importants contrats militaires pour la livraison de 50 hélicoptères et la fabrication de cinq sous-marins au sud de Rio de Janeiro. « Malgré la crise et une croissance en baisse, a-t-il ajouté, nos échanges commerciaux n'ont cessé de progresser pour doubler en dix ans. Aujourd'hui, nous avons de grandes ambitions pour doubler encore ces échanges dans les prochaines années. »
SIGNATURE DE CONTRATS
Plusieurs contrats, déjà connus avant la visite, ont été signés sous l'œil des caméras : l'engagement du groupe Total dans le consortium qui a remporté l'appel d'offre du gigantesque champ pétrolier offshore de Libra, la fourniture d'un satellite de défense et de télécommunications brésilien à usage civil et militaire par les groupes Arianespace et Thales Alenia Space (coentreprise franco-italienne), la participation de Bull à la création d'un supercalculateur sur le sol brésilien, ainsi qu'un contrat de 1,25 milliard d'euros d'Areva pour la construction d'un troisième réacteur à la centrale d'Angra 3, située entre Rio et São Paulo.
Deux accords ont également été paraphés vendredi entre la France et l'Etat de São Paulo, dont l'un avec la région Ile-de-France. Le premier prévoit un investissement de 300 millions d'euros de l'Agence française de développement (AFD) pour la construction d'une ligne de métro entre l'aéroport de São Paulo et le centre ville. « Je pense qu'il faut faire ce métro rapidement », a plaisanté M. Hollande, dont l'arrivée à São Paulo la veille, depuis Brasilia, avait été retardée par d'importants embouteillages après sa descente d'avion.
L'autre accord, venant de São Paulo, engagerait « un investissement important » pour la construction d'un centre d'affaires près de l'aéroport de Roissy-Charles de Gaulle, au nord de Paris. « Un projet créateur de près de 2 000 emplois », a précisé M. Hollande devant des entrepreneurs français et brésiliens au siège de la puissante Fédération des industries de l'Etat de São Paulo (Fiesp). « Avec ces deux accords s'ouvre un nouveau chapitre des relations avec la France », s'est félicité le gouverneur de l'Etat, Geraldo Alckmin, qui a invité le président français à assister aux cérémonies d'ouverture de la Coupe du monde de football, qui se dérouleront à São Paulo.
La balle a été reprise au bond par Dilma Rousseff, qui a insisté sur l'importance d'échanges « de qualité et plus équilibrés » avec la France. « Ceux-ci pourraient être encore plus élevés et offrir de nouveaux champs économiques », a-t-elle affirmé, insistant dans le même temps sur la troisième place qu'occupe l'Hexagone sur l'échelle des pays investissant au Brésil. Une manière de rappeler la place prépondérante qu'occupe la France avec ses 600 entreprises implantées localement, tout en soulignant le rôle désormais incontournable que représente le géant d'Amérique latine pour l'économie française. « Autrefois pays ‘émergent', inégalitaire et hésitant, a glissé François Hollande, ce pays est devenu un pays ‘émergé' - une catégorie unique - une des rares grandes puissances qui aient opéré une redistribution de ses richesses tout en possédant suffisamment de réserves de changes internationales (376 milliards) pour prémunir de toute crise. »
BONNE ENTENTE
Selon plusieurs sources diplomatiques françaises à Brasilia et São Paulo, cette visite est survenue à un moment opportun. Les avions de combats Mirage 2000 utilisés par l'armée brésilienne arrivent en bout de course à la fin de l'année. Un échéancier qui a permis aux équipes de François Hollande d'évoquer à nouveau et « sans brusquer » la qualité du dossier de l'avion Rafale à leurs interlocuteurs brésiliens. Dans ce contexte, on comprend que tout fut fait, de part et d'autre, pour éviter d'aborder publiquement des sujets sur lesquels les deux pays partagent des visions différentes. Cela aurait pu être le cas à propos de l'intervention française en Centrafrique. En privé, M. Hollande s'est félicité du « silence » observé par Mme Rousseff, qui avait désapprouvé l'intervention française au Mali.
La réunion en comité restreint entre Mme Rousseff et M. Hollande a également fait émerger des points de convergences au sujet d'une éventuelle feuille de route en vue d'un accord de libre échange avec le Mercosur et l'Union européenne. Les deux blocs doivent se faire parvenir jusqu'à la fin 2013 des propositions afin d'éliminer progressivement les barrières douanières. « Un jour peut-être, si la relation entre le Mercosur et l'Union européenne suit son chemin, nous ne parlerons plus qu'en euro », s'est enthousiasmé le président français qui, comme il le fait chaque fois qu'ils se trouve à l'étranger face à des entrepreneurs et des hommes d'affaires, s'est évertué à rassurer d'éventuels investisseurs sur sa politique économique :
« La France remet en ordre ses finances. Je regarde avec admiration le taux d'endettement public du Brésil, 30 %... On n'y sera pas demain en France, mais nous devons y travailler car c'est un élément de souveraineté. Nous devons continuer à réduire nos déficits, donc à réduire la dépense publiques à la réorienter, mieux l'affecter, mieux la déployer. Nous devons avoir un système fiscal qui soit le plus efficace, le plus simple, et qui évite d'inquiéter ou de frapper les mêmes par des impôts qui ne sont pas toujours les plus modernes. Et puis, enfin, il faut faire le choix de l'investissement. »Autre signe de bonne entente, M. Hollande a affirmé sa reconnaissance à la présidente brésilienne « pour l'accord que nous avons pu trouver pour la lutte contre l'orpaillage clandestin ». Jeudi matin, les députés brésiliens avaient adopté un projet de loi destiné à combattre ceux que l'on appelle ici les garimperos. Un texte voté par les députés français en 2008 et qui était bloqué jusqu'à présent par les élus de l'Amapa, l'Etat limitrophe de la Guyane. Une fois adopté par le Sénat brésilien, la loi permettra d'harmoniser les administrations et les juridictions des deux côtés de la frontière, un préalable à l'inauguration officielle du pont de l'Oyapock.
Plus tard dans la journée, le ministre délégué chargé de l'agroalimentaire, Guillaume Garot, a annoncé que le Brésil venait de lever l'embargo sur le roquefort. Depuis 2010, ce fromage avait été interdit de vente. « Il nous a fallu deux ans de bataille pour lever cet l'embargo. C'est chose faite. Le ministre brésilien de l'agriculture (Antonio Andrade) a donné son accord », s'est réjoui M. Garot. Cette autorisation laisse augurer « un nouvel élan » dans les relations agricoles et agroalimentaires entre la France et le Brésil, a souligné un communiqué du ministère de l'agriculture.
Avant de monter dans l'avion présidentiel en direction de Cayenne, François Hollande a d'ailleurs conclu devant les entrepreneurs rassemblés à São Paulo que l'agriculture était un domaine où les deux pays « possèdent une production très forte » et qu'il fallait « accepter la concurrence comme dans le secteur de la volaille ». Et d'ajouter, dans un balancement rhétorique qui lui est cher : « Une concurrence mais avec dialogue et coopération ».
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Nicolas Bourcier (Rio de Janeiro, correspondant régional)
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O Brasil a caminho de um longo periodo de estagnacao - Claudio Frischtak
Outros países estagnaram durante décadas, como a Inglaterra pré-Thatcher, por exemplo, ou Argentina, que ainda está em estagnação e em decadência profunda, há pelo menos 80 anos...
Paulo Roberto de Almeida
SEM REFORMAS, UM LONGO PERÍODO DE ESTAGNAÇÃO!
Cláudio Frischtak*
Folha de S.Paulo, 07/12/2013
Neste ano a participação da indústria de transformação no PIB deverá mais uma vez declinar e, pela primeira vez desde a década de 1950, se situar abaixo de 13% --neste último trimestre estava pouco acima desse patamar. Esse movimento segue um padrão observado em outros países. Porém, no caso do Brasil, algo está fora do lugar. De modo mais geral, ao relacionar a relevância da indústria de transformação com a renda per capita, o país é um ponto "fora da curva", ou seja, para um país de renda média a indústria deveria ocupar um espaço significativamente maior.
A explicação se resume numa palavra: competitividade. Esta vem sendo subtraída por custos sistêmicos elevados --o exemplo da infraestrutura vem imediatamente à tona; taxa de investimento em capital físico e intelectual insuficiente e baixa produtividade e elevados custos unitários do trabalho. Esses fatores limitam a capacidade de a indústria competir e restringem seu crescimento. A produtividade é a chave e, no longo prazo. E, nesse sentido, a nossa fragilidade é evidente. Não apenas a produtividade fatorial total avança pouco e assim contribui marginalmente para o crescimento da economia (menos do que 1% ao ano nas duas últimas décadas) como, na indústria de transformação, a produtividade medida pelo valor agregado por pessoa ocupada ficou praticamente estagnada entre 1995 e 2010.
Essa situação corrosiva se tornou recentemente ainda mais adversa: desde o último trimestre de 2010, não apenas o custo de trabalho vem subindo como a produtividade faz o caminho inverso --o que possivelmente explica a perda acelerada de tecido industrial em 2011-12. Não à toa, somente 7% das empresas em sondagem recente da CNI se declararam mais produtivas do que seus pares internacionais. O país necessita encarar um fato singelo: ficamos para trás em relação aos nossos competidores e, a menos de um programa sério e crível de reformas, a indústria estará fadada a um longo período de estagnação.
* Doutor em economia pela Universidade Stanford e presidente da Inter.B Consultoria Internacional de Negócios
Uniceub: programa de mestrado e doutorado em Direito bem avaliado (estou dentro...)
No que depender de minha produção, a nota 6 já está garantida...
Desculpem a modéstia.
Paulo Roberto de Almeida
Prezados colegas,
Cumprimentando-os, faço referência aos resultados da avaliação trienal da Capes, relativa ao período 2010-2012.
O programa tinha a nota 5 no Mestrado e 4 no Doutorado.
Nesta nova avaliação, a nota do Doutorado foi elevada para 5, consolidando o programa como um dos melhores do país, a frente de várias escolas tradicionais de direito.
Agradeço imensamente o esforço de todos para atingir estes resultados.
O objetivo agora é fortalecer o conceito 5 e disputar o conceito 6. Para tanto, é preciso consolidar o Programa de Mestrado e Doutorado do UNICEUB como um nicho de excelência nacional de produção e inovação no conhecimento, de internacionalização do curso e de influência na formação de professores de alta qualidade em nível nacional. Todos são essenciais neste processo.
Por fim, gostaria de desejar a todos um ótimo ano novo, repleto de alegria, amor, saúde e paz,
Cordialmente,
_________________
Marcelo D. Varella
www.marcelodvarella.org
A economia do Egito nos tempos de Cleopatra - Stacey Schiff
Cleopatra: A Life
by Stacy Schiff
by Back Bay BooksDelanceyplace, 13/12/2013
"The Ptolemaic system [the Ptolemys were Cleopatra's dynastic family and the Greek rulers of Egypt, after its conquest by one of Alexander the Great's generals] has been compared to that of Soviet Russia; it stands among the most closely controlled economies in history. No matter who farmed it -- Egyptian peasant, Greek settler, temple priest -- most land was royal land. As such, Cleopatra's functionaries determined and monitored its use. Only with government permission could you fell a tree, breed pigs, turn your barley field into an olive garden. All was scrupulously designed for the sake of the record-keeping, profit-surveying bureaucrat rather than for the convenience of the cultivator or the benefit of the crop. You faced prosecution (as did one overly enterprising woman) if you planted palms without permission. The beekeeper could not move his hives from one administrative district to another, as doing so confused the authorities. No one left his village during the agricultural season. Neither did his farm animals.
"All land was surveyed, all livestock inventoried, the latter at the height of the flood season, when it could not be hidden. Looms were checked to make sure that none was idle and thread counts correct. It was illegal for a private individual to own an oil press or anything resembling one. Officials spent a great deal of time shutting down clandestine operations. (Temples alone were exempt from this rule for two months of every year, at the end of which they, too, were shut down.) The brewer operated only with a license and received his barley -- from which he pledged to make beer -- from the state. Once he had sold his goods he submitted his profits to the crown, which deducted the costs of raw materials and rents from his income. Cleopatra was thereby assured both of a market for her barley and of profits on the brewer's sales. Her officials audited all revenues carefully, to verify that the mulberries and willows and acacia were planted at the proper time, to survey the maintenance of every canal. In the process, they were especially and frequently exhorted to disseminate throughout Egypt the reassuring message that 'nobody is allowed to do what he wishes, but that everything is arranged for the best.'
"Unparalleled in its sophistication, the system was hugely effective and, for Cleopatra, hugely lucrative. The greatest of Egypt's industries -- wheat, glass, papyrus, linen, oils, and unguents -- essentially constituted royal monopolies. On those commodities Cleopatra profited doubly. The sale of oil to the crown was taxed at nearly 50 percent. Cleopatra then resold the oil at a profit, in some cases as great as 300 percent. Cleopatra's subjects paid a salt tax, a dike tax, a pasture tax; generally if an item could be named, it was taxed. Owners of baths, which were private concerns, owed the state a third of their revenue. Professional fishermen surrendered 25 percent of their catch, vintners 16 percent of their tonnage. Cleopatra operated several wool and textile factories of her own, with a staff of slave girls. She must have seemed divine in her omniscience. A Ptolemy 'knew each day what each of his subjects was worth and what most of them were doing.'
"How wealthy was she? Into her coffers went approximately half of what Egypt produced. Her annual cash revenue was probably between 12,000 and 15,000 silver talents. That was an astronomical sum of money for any sovereign, in the words of one modern historian 'the equivalent of all of the hedge fund managers of yesteryear rolled into one.' (Inflation was an issue throughout the century, but it affected Cleopatra's silver less than her bronze currency.) The most lavish of lavish burials cost 1 talent, the prize a king tossed out at a palace drinking contest. A half-talent was a crushing fine to an Egyptian villager. A priest in Cleopatra's day -- his post was a coveted one -- made 15 talents yearly. That was a princely sum ... Pirates set a staggering 20-talent ransom on the head of the young Julius Caesar, who, being Caesar, protested that he was worth at least 50. Given a choice between a 50-talent fine and prison, you opted for jail. You could build two impressive monuments for a much-loved mistress for 200 talents. Cleopatra's costs were high ... But by the most stringent of definitions -- that of Rome's wealthiest citizen -- she was fabulously well-off. Crassus claimed that no one was truly rich if he could not afford to maintain an army.*
"*On one contemporary list Cleopatra appears as the twenty-second richest person in history, well behind John D. Rockefeller and Tsar Nicholas II, but ahead of Napoleon and J. P. Morgan. She is assigned a net worth of $95.8 billion, or more than three Queen Elizabeth IIs. It is of course impossible accurately to convert currencies across eras."
E por falar na Mafia... - Rodrigo Constantino
PT: um partido que endossa o crime
O que o PT fez em seu quinto congresso, com as presenças de Lula e Dilma, foi um ato vergonhoso. Claro que o histórico petista já era vergonhoso antes disso, sendo o mensalão seu ápice. Mas esperava-se, ao menos, um mínimo de compostura diante da situação. O próprio ex-presidente Lula tinha dito que não ia se manifestar agora sobre o assunto. Mas não consegue se controlar.
Para uma plateia inflamada de cúmplices ideológicos dos criminosos presos, o ex-presidente disse:
Nosso partido tem sido vítima das suas virtudes e não só de seus defeitos. Somos criticados pelas coisas boas que fazemos, não só pelos erros. Se for comparar o emprego do Zé Dirceu no hotel com a quantidade de cocaína no helicóptero, pelo menos houve uma desproporcionalidade na divulgação do assunto.
Tem que ter muito pouco apreço pela verdade e até pelos quase 90% de entrevistados simpatizantes do próprio PT que aprovam a prisão dos mensaleiros, para desviar tanto assim o foco da questão. O que tem alho com bugalhos? Não só a imprensa deu bom destaque ao helicóptero apreendido com drogas, como tem mais do que direito – tem a obrigação de investigar e relatar uma proposta de emprego tão suspeita como a feita para Dirceu. Tanto que foi logo desfeita, justamente porque a imprensa demonstrou que havia muito podre debaixo dos panos.
O presidente do PT, Rui Falcão, diante da presidente da República, ou seja, de todos os brasileiros, teve a cara de pau de afirmar sobre o julgamento do mensalão:
É o típico caso da manipulação realimentando a mentira e da mentira realimentando a manipulação. A história vai provar que nossos companheiros foram condenados sem provas, em um processo nitidamente político, influenciado pela mídia conservadora.
Como pode uma presidente da República, que indicou vários dos ministros do STF junto com o ex-presidente Lula, ficar passiva diante de uma acusação tão grave dessas? Quem cala consente! Então quer dizer que Lula e Dilma colocaram no STF farsantes, “golpistas conservadores”? É isso?
A situação toda é bizarra demais, digna de uma República das Bananas. Em qualquer país sério do mundo isso seria motivo, no mínimo, para um processo contra a presidente. Ela tem a obrigação de se explicar. Participa de um evento de seu partido onde o presidente afirma, em sua presença, que a Corte Suprema do país não respeita as leis!
O PT não vai expulsar criminoso algum. Isso já ficou claro. Tampouco vai tentar ignorar essa enorme mancha em seu currículo. A opção foi pelo ataque às instituições republicanas mesmo. Com isso, o PT prova ser um partido que endossa o crime, que abriga e protege criminosos condenados e presos.
Resta perguntar: que tipo de gente ainda defende o PT? Não pode ser o mesmo tipo que defende o império das leis…
Tratado Geral da Mafia (PRA), reproduzido no site do Instituto Millenium, 13/12/2013
Juro que foi uma coincidência...
Paulo Roberto de Almeida
Tratado Geral da Máfia
- Autor: Paulo Roberto de Almeida
- em Artigos, Democracia Representativa, Estado de Direito, Liberdades Individuais
- 13/12/2013
2. Os mais iguais da Máfia são inimputáveis e, nessa condição, não reconhecem leis ou regras de não membros, ou de quaisquer outras origens, que pretendam torná-los imputáveis, o que retiraria, na visão deles, o prefixo deste último conceito. Os mais iguais ficam particularmente irritáveis com as limitações legais que os comuns tentam implementar e que possam contrariar os objetivos gerais da Máfia.
3. A Máfia é uma associação voltada exclusivamente para o seu interesse próprio. O interesse próprio da Máfia e dos mafiosos é o poder, de preferência absoluto, sua conquista e sua manutenção. Eventualmente, eles contam com aliados subordinados, contra quaisquer outras forças ou fatores que possam resistir aos seus objetivos.
4. A defesa do interesse próprio da Máfia é o dever principal e primordial dos iguais e dos mais iguais, sobre quaisquer outros objetivos gerais ou particulares de todos e cada um. Os mais iguais é que dispõem sobre o interesse da Máfia; os demais têm o direito e o dever de segui-los, mais o segundo do que o primeiro.
5. O objetivo geral da Máfia prima sobre os interesses individuais dos mafiosos, que, em nome da obediência estrita a esse objetivo primordial, a ele sacrificarão seus interesses pessoais em favor desse objetivo geral. Tal código de disciplina não é exclusivo da Máfia, sendo comum a determinadas associações corporativas, mas é nela implementado de maneira particularmente eficaz (por vezes hedionda, mas não destinada a ser do conhecimento de almas sensíveis ou de menores de idade).
7. Os mais iguais constituem uma família original ou forjam laços similares aos de uma família, havendo solidariedade implícita entre os seus membros, que respondem pelo comportamento de qualquer um dos demais integrantes da família. Os menos iguais terão de ter seu estatuto aprovado por alguma família, antes de poderem ser reconhecidos como membros não originais da família maior, mas a ela deverão solidariedade e obediência, como igualmente exigido de qualquer membro original. Uma vez consolidado esse vínculo, ele se torna indelével e indestrutível.
8. Como em outras corporações da espécie, os membros da Máfia devem observar as normas de silêncio obsequioso e de estrito cumprimento às ordens dos mais iguais, observadas as regras de disciplina e de hierarquia que costumam imperar nesses meios. A não observância dessas regras pode submeter o inadimplente às sanções habituais em vigor na Máfia, eventualmente de forma definitiva.
9. A Máfia não professa qualquer religião que não a sua própria, que é estritamente confessional e baseada nas regras gerais e nos princípios da Máfia. Os mais iguais são os altos sacerdotes dessa religião laica, que não possui textos sagrados nem ritos particulares, apenas aqueles que são fixados aleatoriamente pelos mais iguais. A Máfia só deve obediência a um deus: o seu próprio interesse totalitário de manter, ampliar, preservar e eternizar o seu poder. Esse deus é particularmente vingativo.
10. A Máfia tampouco adere a um culto humano qualquer, a não ser ao da seleção determinista dos mais iguais, que devem ser preservados a despeito de quaisquer acidentes naturais e contra quaisquer imponderáveis da fortuna e da sorte. Os demais iguais, como formigas ou abelhas da comunidade, estão ali para preservar o poder dos mais iguais, e assegurar que a espécie tenha continuidade e expansão.
11. A Máfia não se vincula a qualquer ideologia política, a não ser a do seu interesse próprio, que pode conviver com diversas orientações no campo dos regimes políticos e dos sistemas econômicos. Numa analogia superficial, a Máfia se coaduna bem mais com regimes corporativos, fascistas, autoritários, ou mesmo totalitários, e menos com sistemas abertos e transparentes. A Máfia e os mais iguais não pretendem prestar contas de suas atividades e iniciativas a qualquer autoridade que não a dela.
12. Os membros da Máfia têm o dever de contribuir para o fortalecimento, sobretudo financeiro, da corporação, que assume várias formas associativas e identidades. Se algum membro da Máfia enfrentar dificuldades no mundo dos comuns, a corporação lhe presta total solidariedade em quaisquer circunstâncias, determinação ainda mais enfática no caso dos mais iguais, que podem contar com todos os recursos da Máfia. A contrapartida, seguida invariavelmente por todos os membros, é o silêncio e a proteção dos interesses da corporação, de seus negócios e de suas atividades.
13. A Máfia sempre tem razão, e essa razão é exclusivamente aquela expressa pelos mais iguais. Eventuais opiniões em contrário devem ser confrontadas, e seus emissores devem ser convencidos de que a verdade da Máfia é sempre a melhor, independentemente de quaisquer fatos contrários ou provas circunstanciais. Na ausência de convencimento, ou de reconhecimento explícito, a corporação e seus membros têm o dever de corrigir os recalcitrantes e os obstrutores da verdade da Máfia. Perdas colaterais, por vezes até internas, são admitidas nesse processo, que é estritamente controlado pelos mais iguais. A decisão última sobre a verdade da Máfia pertence aos mais iguais, mas, em última instância, quem decide sobre a melhor verdade é o mais igual dentre os mais iguais.
Sobre Paulo Roberto de Almeida
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Se o Federal Reserve (Fed, o banco central americano) estiver normalizando suas políticas, então isso significa que algo deve estar melhor sobre a economia dos Estados Unidos, o que é uma boa notícia. Eu acho que os EUA vão crescer 3% ou mais no próximo ano, então eles certamente vão reduzir os estímulos monetários e talvez adotar alguma outra medida. Isso significa que existem riscos para todos aqueles que sobrevivem somente graças às taxas de juros artificialmente baixas. A mudança vai forçar os investidores a distinguir entre as economias emergentes onde os fundamentos estão bons e aquelas com fundamentos menos positivos.
A nova China é muito mais focada na qualidade do crescimento, e não na quantidade. Isso não é bom para a maioria das commodities, especialmente aquelas relacionadas à indústria. Países que se beneficiaram da "velha China" precisam se adaptar, pois as coisas não voltarão a ser como antes. Por outro lado, isso será bom para países que lutam para competir com a China devido aos salários baixos no país, que já estão subindo. Isso parece que será melhor para o México, por exemplo.
Eu concordo. É o chamado grupo Mint (formado por México, Indonésia, Nigéria e Turquia). Eu viajei para esses quatro países nos últimos três meses e retornei especialmente animado com México e Nigéria.
Eleições são sempre muito importantes. Isso é especialmente verdade nos casos de Índia, Indonésia e Turquia. Esses países têm enorme potencial, mas precisam de governos que possam focar na governança e implementação de reformas. O mesmo, é claro, vale para o Brasil e a África do Sul, mas o potencial dos outros três é muito maior. Eu acho que a expressão "cinco frágeis" é divertida, mas não exatamente correta. As economias emergentes podem perfeitamente ter déficits em conta corrente, já que se espera que atraiam capital - se fizeram as coisas certas.
Essa é uma afirmação complicada. Na verdade a grande questão é o tamanho do déficit. O déficit do Brasil não é um grande problema, nem o da Índia. Se a Índia introduzir mais reformas, sua moeda vai se valorizar, em função da grande entrada de capital, especialmente por meio de investimento estrangeiro direto (IED). Eu acho que os déficits em conta corrente de Turquia e Indonésia são grandes demais, mas graças a mudanças que já estão sendo implementadas, esses déficits já estão diminuindo.
O Brasil precisa focar muito mais em permitir que o setor privado possa investir e competir. O governo está tentando muito imitar a China, ao usar demais o Estado para gerar crescimento. Isso está ultrapassado, nem mesmo os chineses querem imitar a China mais. É preciso mudar.
Não. Existem pouquíssimas evidências de que tais eventos tenham realmente ajudado os países-sede. Mesmo assim, isso geralmente é bom para a autoconfiança. Eu acho que, no caso do Brasil, é realmente importante vencer a Copa do Mundo, mas com a força das seleções da Espanha e Alemanha, isso será muito difícil.
Talvez. No entanto, o fato é que o Brasil precisa ter como prioridade absoluta, na questão monetária, cumprir suas metas de inflação. Isso é muito mais importante do que a oscilação do real. Mais amplamente falando, eu não tenho muita simpatia por emergentes que reclamam das políticas do Fed. O trabalho do Fed é implementar políticas para os EUA. Se os outros países não gostam disso, eles precisam desenvolver melhor seus próprios sistemas monetários e mercados, para se tornarem menos dependentes.